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Avvenire/Stadium 18 ottobre 2012
IL PUNTO
Chi è Felix Baumgartner? Forse vi è sfuggito il nome, non certo il suo record. Ne hanno parlato tutti i telegiornali. Lo svizzero si è buttato da 39mila metri e ha raggiunto, in caduta libera, la velocità di 1.342 km orari superando il muro del suono. Nuovo record mondiale. E che record! Sinceramente resta la curiosità del perché l’abbia fatto. Perché mettere a rischio la propria vita per un impresa del genere? Passione, follia, spettacolo, business... La vera risposta potrebbe darla solo lo stesso Felix. L’aspetto singolare è che il suo non è stato l’unico record in questa settimana. Ce n’è stato un altro realizzato, in contemporanea, in almeno 20 mila luoghi del Paese. Niente “tuta iperspaziale”, niente casco da astronauta. Questo è un record che è stato realizzato in maglietta e pantaloncini. È il primato del salto dal “precipizio educativo”. Un record che ogni settimana migliaia di dirigenti effettuano in altrettanti campetti spelacchiati d’oratorio e di periferia. Un vecchio proverbio cinese, di più di duemila anni fa, diceva: “Quando pianti per un anno, pianta grano. Quando pianti per dieci anni, pianta alberi. Quando pianti per la vita, coltiva ed educa persone”. Buttarsi oggi nell’avventura educativa è cosa da alta prestazione, forse più che sfidare la stratosfera. Infatti è palese che il Paese non potrà mai guardare al futuro con speranza se non ritrova la capacità di educare i giovani ai veri valori della vita. La società di oggi deve fare i conti con mille problemi. Problemi seri e complessi. Ma tra le priorità delle priorità resta quella sfida educativa che costituisce un “pilastro” indispensabile su cui costruire il nostro domani. In questa direzione non esistono ricette o scelte vincenti. Esiste il lavoro duro, impegnativo, costante, quotidiano. Esiste la fatica dell’allenamento. È esattamente quello che vivono, con gioia ed entusiasmo, decine di migliaia di allenatori e dirigenti di quel piccolo miracolo italiano che si chiama “società sportiva di base”. Persone che, giocando e correndo dietro a un pallone, contribuiscono a cambiare e a rendere più bella la vita delle persone e di un Paese. Viviamo oggi un tempo di grande cambiamento. La politica italiana deve cambiare. Deve cambiare volti e deve cambiare metodo. Deve farlo punto e basta perché la gente non ne può più di vedere confuso il “bene comune” con gli interessi di bottega e di vedere il “servizio” sostituito con il potere. Speriamo che nel cambiare guarisca anche da quella sorta di cecità che l’ha portata a considerare, troppo spesso, poco importante l’azione delle società sportive di base. Il mondo dello sport deve cambiare. Deve guarire definitivamente da pericolose malattie che hanno nei casi di Armstrong o di Scommessopoli solo punte di complessi iceberg. Per farlo, deve dare forza alla parte “sana del sistema”, convincendosi che educazione e prestazione hanno pari importanza e pari dignità. Deve cambiare la società. Deve farlo puntando tutto sui veri valori della vita e sulle educazione dei giovani. Cambiamenti difficili e complessi. Per fortuna di uomini che hanno il coraggio di buttarsi dalla stratosfera se ne trova uno ogni tanto, ma di uomini e donne che si buttano nell’avventura educativa attraverso lo sport se ne trovano migliaia e migliaia ogni settimana. E ciò ci dà forza e speranza.
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